Se esiste la sinistra in Italia è una delle riflessioni che si sentono più spesso; è una riflessione che parte da una domanda dolorosa perché evoca un sentimento di delusione e di disillusione, anche da parte di chi ha votato questo schieramento per tutta la sua vita.
È una riflessione non affatto banale, ma oggi forse si può rispondere convintamente che la sinistra in Italia esiste. La dimostrazione lampante è stata fornita dagli operai dello stabilimento Gkn driveline di Campi Bisenzio che, pochissimi mesi fa, sono stati licenziati collettivamente via mail, senza che vi fosse una particolare motivazione se non quella di delocalizzare e spremere i lavoratori altrove.
La loro storia è salita agli onori delle cronache per la barbarie con cui la multinazionale ha inteso mandare a casa tutti gli operai chiudendo lo stabilimento e per la tenacia con cui le donne e gli uomini di quella azienda hanno saputo organizzare una protesta contro il loro ingiusto e illegittimo licenziamento.
Dopo aver redatto con giuristi ed esperti una proposta di legge di contrasto alle delocalizzazioni, gli operai Gkn hanno pubblicato un comunicato stampa e social con cui chiedono al governo di impostare una nuova politica industriale. “Il Collettivo chiede così la nazionalizzazione della fabbrica, nell’ambito di «un piano complessivo, pubblico, di costruzione di un polo di mobilità sostenibile […], che si basi su ricerca e brevettazione pubblica di auto realmente ad emissioni zero, esplorando tecnologie alternative alla stessa auto elettrica, la quale determina, potenzialmente, una follia estrattiva. Si creino task force per la reindustrializzazione pubblica nelle università, si stimolino brevetti pubblici, si trasformi da subito Gkn in un laboratorio socialmente e produttivamente integrato con tutto questo”.
Gli operai Gkn, in questa richiesta, hanno saputo unire idealità e pragmatismo, fornendo una proposta politica lungimirante, puntuale e circostanziata, densa di idealità. Si tratta di una proposta squisitamente socialdemocratica che punta a costruire un modello diverso di crescita economica e di progresso; valori e variabili che non devono essere fini a sé stessi, ma inseriti in un impianto politico che spinga verso la giustizia sociale, la sostenibilità e il bene della collettività. Negli ultimi anni, poi, sono stati pubblicati libri per il grande pubblico e saggi scientifici (si pensi a uno dei più importanti: “lo Stato innovatore” di Mariana Mazzuccato) che dimostravano l’importanza della presenza dello Stato nell’economia e degli investimenti pubblici affinché il sistema economico producesse innovazione tecnologica e progresso scientifico da porre a disposizione dell’umanità. Non si tratta, dunque, di una proposta chissà quanto radicale, ma di una proposta politica ben formulata di sinistra che sa unire pratica e teoria.
È una proposta che ci aiuta a confermare che – in Italia – la sinistra esiste. Ciò che farà la differenza, anche questa volta, però, sarà la capacità dei partiti dello schieramento di farla e sentirla propria. Perché se si deve esser sinceri, ciò che manca in Italia è piuttosto chi quella proposta politica sappia rappresentarla. Ed è da qui che si deve ripartire, altrimenti quel sentimento di delusione e di disillusione non cesserà più di esistere.