28/01/2022

Mentre si accinge a concludersi la sesta votazione per l’elezione del Presidente della Repubblica, è possibile tirare le prime somme e provare a offrire un commento su ciò che è successo in questi giorni.

L’assenza più sentita è quella della politica: nello specifico, di una classe politica capace di trovare, dopo sette anni di mandato, un sostituto al Presidente Mattarella tra le sue fila. È stato fatto un numero inquantificabile di nomi, per la maggiore provenienti da ambienti dello Stato, ma esterni al circuito politico propriamente detto. Così come è successo per la nomina del Presidente del Consiglio, la politica sembra voler commissariare sé stessa. D’altra parte, di ragioni per farlo ce ne sono. In queste elezioni presidenziali, la classe politica ha dimostrato di aver toccato il fondo e di continuare a raschiarlo.

È necessaria una profonda riflessione sullo stato di salute e sulla qualità della classe politica; una riflessione scevra di ogni pregiudizio antipolitico che deve portare a rimettere al centro uno dei meccanismi fondamentali del funzionamento di una democrazia: i partiti. Urge mettere in discussione il modello aziendalistico e verticistico dei partiti italiani della c.d. seconda repubblica che basano la loro politica sul solo collegamento e rapporto tra leader ed elettori.

Allo stesso modo, è importante affermare che il funzionamento di una democrazia non deve esser rivolto alla rapidità e all’efficienza nelle scelte, quanto alla qualità e all’efficacia di quelle decisioni. Le polemiche sul numero di votazioni, sulle pressioni internazionali e, addirittura, sul conflitto russo-ucraino, lasciano il tempo che trovano. Non conta se è la prima o la ventitreesima votazione, conta che la scelta sia nel rispetto delle forme democratiche e della democrazia, oltre che il prossimo Presidente della Repubblica svolga le sue funzioni nel modo più adeguato possibile.

L’altro tema, a mio avviso, interessante è come sarà gestita questa fase di transizione dai partiti che hanno intenzione di presentarsi come schieramento di centrosinistra. È chiaro, e mi sembra auspicabile, che si tornerà presto ad elezioni. Il Parlamento non è più rappresentativo della Nazione e la classe politica attuale è del tutto delegittimata. Potrebbe, a questo proposito, approvare una nuova legge elettorale che attenui il deficit di rappresentatività che il nuovo Parlamento avrà. La sinistra dovrebbe intestarsi questo tema e sciogliere i dubbi sulla propria identità. Se l’idea è quella di proporsi come sinistra a trazione draghiana, una sinistra che vuole riprendere e continuare il lavoro cominciato dall’ultimo governo, credo non serva neanche dire che sarà la sua pietra tombale. Certo, ad osservare quello che sta accadendo, è difficile affermare che stiamo andando nella giusta direzione.  

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